ULIVEUS

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Sono tornato anche per questo, qui, a casa, per questi piccoli e solenni momenti di felicità.

Svegliarsi presto, con gli occhi socchiusi e appena usciti dal sonno, aprire la finestra ed essere inondati dall’aria di mare, dal suono della risacca sulla scogliera, dalla luce del mattino. L’aria di mare, che entra in gola con ruvida prepotenza, è aria di casa, sul mare sono nato, qui sono cresciuto. Sull’acqua, archetipo materno, sul mare che è luogo di libertà, una porta sull’infinito.

E la luce, poi, la luce giovane che viene dall’est, dipinge rapida un orizzonte fantastico, colorandolo con migliaia di gradazioni di rosso, di giallo, di rosa, che s’insinuano come acquarelli nell’azzurro del cielo. Dicono che sia la luce preferita dai registi, la luce dell’est. La cercano perché è speciale dal punto di vista fotografico, ma soprattutto perché è magica, perfetta per dar vita ai loro sogni, per dar corpo ai fantasmi della loro immaginazione. Ecco, appunto, è questo essere sospesi sul limitare tra sonno e veglia, tra sogni e realtà il senso di questi momenti preziosi.

La realtà poi irrompe, con il risveglio dei sensi ma anche con la potenza consolatoria ed emotivamente rassicurante di un piccolo gesto rituale: un caffè, l’aroma e il gusto concentrati, estratti da una tradizione antica, valore minimo e insostituibile di una cultura centenaria. Un piccolo gesto nel segno dei valori dell’accoglienza, da condividere con gli altri in pause quotidiane strappate al dovere, ma anche, come in questo caso, strettamente private, reservate e intime, con i sensi rivolti verso il mondo e lo sguardo dentro di noi.

Piccoli momenti appunto, apparentemente trascurabili, che invece ci regalano una felicità lancinante e subitanea, immediata, senza che si possa nemmeno spiegarne il motivo. Forse è perché richiamano la parte più antica della nostra anima, la più segreta, ancestrale, sepolta sotto le vittorie dell’evoluzione, chiedendoci di sfuggire, anche solo per un momento, alla presunzione e alla responsabilità dell’Io, di lasciarci andare e, semplicemente, sommessamente, essere solo una parte del tutto.

Solenni, appunto. C’è del sacro in tutto questo. Una religione laica che ripensa un mondo fatto “anche di noi” e non “solo per noi”. Leggeri, liberati dal peso della consapevolezza di sé, del dover essere sempre qualcosa o qualcuno, possiamo solo vibrare alla stessa frequenza del tutto, risuonare per simpatia con il resto.

Non resta che accordare, scegliere il tempo, Andante con moto, che il mare stesso ci suggerisce e suonare insieme al resto il canone infinito che narra la storia del mondo ma ci ricorda che può fare anche a meno di noi.

Flavio MANGANARO – Musicista based in Monopoli, Puglia

 

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